Ragione e sentimento sulle 64 case

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Ieri, a Cassino, ho tenuto un discorso pubblico dal titolo: “Ragione e sentimento sulle 64 case”. Essendo stato invitato da un docente universitario di psicologia ho colto la palla al balzo per raccontare gli scacchi in maniera diversa dal solito. Dove per “solito” intendo gli interventi di divulgazione che sono uso fare in pubblico sfatando quelli che definisco: “i falsi miti degli scacchi” o più semplicemente “i pregiudizi sugli scacchi”.

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Certo, qualche riferimento a queste cose non è mancato ma l’elemento di novità è stato il pensiero che: “Gli scacchi sono la vita”. Non so se il grande maestro Bobby Fischer abbia pronunciato una frase simile nell’ottica in cui l’ho interpretata io, ma mi fa piacere pensare che tutti gli accostamenti “scacchi-vita” siano dettati da questo.

Due piani: ragione e sentimento. Uno è il piano delle regole, della teoria, degli steccati, ma anche delle guide; l’altro è il piano dell’impeto, dell’emozione, delle paure, ma anche del coraggio. Così come nella vita di tutti i giorni siamo soggetti a regole di ogni tipo, da quelle “di legge”, a quelle “sociali”, anche negli scacchi siamo soggetti alle regole del gioco. Che orrore se non vi fosse l’altra metà del cielo… la passione. Ragione e sentimento nella vita di tutti i giorni non sempre percorrono la stessa strada, l’essere umano si trova di fronte ad un bivio e succede di tutto: a volte prevale uno dei due aspetti completamente, altre volte solo in parte, altre ancora si rimane nell’ “impasse” della mancanza di una scelta. Così, sulla scacchiera, un piano perfettamente congeniato viene spazzato via dalla paura, dalla distrazione, dal calo di concentrazione, dalla tensione, dalle “male cervella”.

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Un amore impossibile, un rapporto lavorativo burrascoso, un’amicizia che potrebbe essere messa in pericolo da un segreto o più semplicemente da una verità scomoda, sono solo alcune delle situazioni in cui ragione e sentimento viaggiano su binari diversi. Eppure ci sono anche i casi positivi: scelte coraggiose e virtuose che solo la passione ci fa fare. Difendere i più deboli anche quando tutto questo ci fa rischiare in prima persona e, razionalmente, ci converrebbe “farci i fatti nostri”; mandare al diavolo quella succulenta offerta di lavoro che ci porterà via da casa troppo a lungo; sacrificare noi stessi, o parte della nostra libertà d’azione e perfino di pensiero, per una preziosa amicizia.

Così, la variante attentamente calcolata non solo può essere rovinata da “emozioni negative”, ma può anche capitare che l’analisi non sia stata poi così corretta e, prima di muovere, la paura di perdere fa da “check” della “routine di calcolo”, fa da da “controllo” del “pensiero”. E ci porta alla mossa giusta benché non calcolata attentamente come il resto. E ancora… la serenità nella vita di tutti giorni ci rende più forti alla scacchiera, i buoni sentimenti rendono il nostro gioco più elevato, migliore esteticamente e più utile allo scopo: la vittoria.

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Nel tango argentino, benché la mia sia una conoscenza davvero basilare, abbiamo un impianto teorico importante. I ballerini devono mantenere una certa posizione, devono muoversi in un certo modo, devono rispettare certe regole all’interno della milonga, regole sociali, buone pratiche, ma anche regole di movimento vero e proprio ai fini del ballo e “regole di postura”. Ma poi… ma poi c’è la passione, c’è l’istinto, c’è l’emozione che rende ballare divertente! E non solo… perché il ballerino “senza cuore” sarà solo un mero esecutore. Un automa di carne che può rispondere perfettamente alle richieste della teoria, ma che non potrà mai entrare in comunicazione con il partner.

Così in musica. L’universo circoscritto delle 7 note musicali, più bemolli e diesis, è un “gradevole rumore”, ma non una canzone. La sua esecuzione, senza arte né parte, non genera grandi emozioni. Non la definiremmo musica. Ma quando l’artista siede alla tastiera del pianoforte, quasi fosse un demiurgo in carne ed ossa di quella roba lì, tutto cambia.

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Gli scacchi, come il tango – e credo di non sbagliarmi poi di tanto allargando lo spettro al “ballo in generale” – sono fatti di una componente razionale e una emozionale. Ed è per questo che sono vicini agli essere umani, a tutti loro. Se riusciremo a comunicare questo, che non è il frutto di un’operazione di marketing, bensì il prodotto di un’analisi legata alla realtà dei fatti, riusciremo, finalmente, a rendere giustizia al gioco di Caissa.

Fare esperienza degli scacchi vuol dire fare esperienza della vita, fare esperienza di un gioco in cui si ritrova la vita. Questa cosa implica, spesso, un rafforzamento di alcune capacità che chiunque utilizza quotidianamente.
Gli anni di studio del karateka lo mettono in condizione di eseguire in maniera tecnicamente irreprensibile calci, pugni e spostamenti. La paura del suo nerboruto avversario lo farà finire al tappeto in malo modo.

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Ragione e sentimento, oltre ad essere il titolo del libro di Jane Austen che ha ispirato il mio intervento del 5 giugno, manco a dirlo, alla biblioteca comunale di Cassino, è una dicotomia insita in tutti gli esseri umani. Esseri umani che, in un periodo di grandi ingiustizie sociali e di copiose evoluzioni tecnologiche, stanno cercando di rimanere profondamente umani. Forse alcuni di loro sceglieranno di farlo anche grazie agli scacchi e scopriranno che, nella partita della vita, solo dal connubio del “sentire” e del “ragionare” raggiungeranno quella vittoria massima che si chiama felicità.

 

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